Salute e Benessere Brindisi 

Integratori, vitamine e creatina autoprescritti: un problema per la salute. Minelli: «Attenti agli edulcoranti delle barrette dietetiche»

I consigli dell’esperto su come prendersi cura del microbiota intestinale: diminuire o eliminare l’assunzione di carni rosse o lavorate

Oggi abbiamo incontrato il professor Mauro Minelli, Immunologo docente di Dietetica e Nutrizione presso l’Università LUM di Bari, per sfatare falsi miti sulla nutrizione e dare i consigli giusti sull’assunzione di vitamine, barrette proteiche e altro, ma anche per chiarire che sostanze che crediamo servano al nostro organismo possono rivelarsi nocive per fegato, reni e microbiota intestinale. Con questa intervista facciamo un po’ di chiarezza sui rischi del “fai da te” anche per l’eliminazione del lattosio dalla nostra dieta. Ancora una volta è nel riconoscimento delle competenze il segreto per tutelare la nostra salute. 

Autunno, è tempo di integratori, vitamine e creatina assunta a casaccio per tirarsi su. Si va in farmacia e si comprano gli integratori meglio pubblicizzati. Funzionano? Quali sono i rischi?

«Gli integratori sono certamente utili quando è presente un deficit di specifiche sostanze, oppure di queste ultime è necessario incrementarne l’apporto. Un esempio può essere il periodo gestazionale nel quale è fortemente suggerita la supplementazione di acido folico al fine di garantire nel feto il corretto sviluppo del tubo neurale. Nel caso degli integratori vitaminici, la convinzione che siano indispensabili per prevenire condizioni patologiche e ritardare l’invecchiamento, unita al fatto che non sia richiesta per loro un’apposita prescrizione medica, ha portato ad un incremento delle loro vendite associato alla convinzione che ‘prenderli non faccia male’ a prescindere da ogni eventuale abuso. Qualunque sostanza non necessaria e assunta in dosi elevate può avere effetti indesiderati. Un esempio può essere l’ipervitaminosi da eccesso di vitamine liposolubili come la vitamina A, la vitamina E, K e D, facilmente immagazzinate nei tessuti dell’organismo: l’accumulo può comportare un elevato rischio di intossicazione, con danni a carico fegato e di altri organi e tessuti dell’organismo. Un altro esempio può essere quello degli sportivi che spesso ricorrono all’integrazione con creatina, sostanza naturale certamente fonte di energia durante l'attività muscolare, ma anche in grado di ingenerare disturbi intestinali quando assunta in dosi elevate. Per tutto questo l’alleanza medico-paziente si impone nella prevenzione e nella corretta gestione anche dei trattamenti integrativi».

 

Le “barrette dietetiche”, quelle che “sintetizzano” i pasti, ricche di proteine ed edulcoranti, sono consigliabili? 

“Quando si acquistano delle barrette dietetiche, quel che fa la differenza è l’accorta lettura dell’etichetta. Non mi riferisco esclusivamente alle calorie, ma anche alle proporzioni dei diversi macronutrienti che nelle barrette sono contenuti, quindi proteine, grassi e carboidrati. Concedersi una barretta sostitutiva del pasto certo non è proibito, ma potrà risultare utile e proficuo solo se della barretta si conoscono gli ingredienti e se essi soddisfano le esigenze nutrizionali individuali. In generale, è bene evitare barrette che contengano decine di ingredienti e, tra questi, soprattutto gli edulcoranti il cui consumo prolungato si è rivelato piuttosto nocivo in quanto capace di modificare anche la composizione e le funzioni del microbiota intestinale e di alterare il metabolismo degli zuccheri. 

Certamente un consumo moderato di queste barrette è consentito agli sportivi che, grazie ai carboidrati in esse contenuti, potranno recuperare scorte energetiche perdute tanto più dopo un allenamento pesante. Molto meno salutari saranno, invece, le barrette ad alto carico proteico ed energetico quando abusate in assenza di esercizio fisico: il rischio è di andare incontro a problematiche da sovraccarico renale, a disturbi gastrointestinali e a turbe metaboliche». 

 

Quali sono gli esami da eseguire per accertarci della salute del nostro microbiota? 

«Conoscere il microbiota intestinale è importante per mantenere in salute le specie batteriche residenti, ma anche e soprattutto per correggere eventuali squilibri che possono alterarne la composizione quali-quantitativa. Credo sia oramai ampiamente acquisita la consapevolezza di quanto un ecosistema intestinale in equilibrio tra le sue varie componenti, possa positivamente influenzare il nostro complessivo stato di salute, proteggendoci da diverse patologie come il diabete, l’obesità, le malattie infiammatorie dell’intestino, le allergie. 

L’esame che permette di caratterizzare il microbiota richiede il prelievo di un campione di feci che, attraverso tecniche di sequenziamento molecolare, verrà processato e analizzato da laboratori avanzati e dotati di specifico know-how. Noi lo facciamo da anni, interagendo coi laboratori di biologia molecolare del CNR. Grazie poi ad un’apposita elaborazione bioinformatica e statistica che noi stessi abbiamo provveduto a standardizzare e brevettare, viene fornito, insieme alla complessa struttura della microflora intestinale, il panel preciso dei prodotti probiotici che il soggetto esaminato dovrà assumere, in rigorosa formulazione personalizzata, per correggere eventuali anomalie (disbiosi)». 

 

Le carni lavorate, come i salumi, mangiate in grandi quantità potrebbero essere cancerogene. Eppure la merenda panino e prosciutto è un classico a scuola, come anche il consumo di merendine. Quali sono gli effetti sul nostro organismo?

«Numerose evidenze ci informano che carni lavorate ed insaccate, quando consumate continuativamente ed in grandi quantità, sono certamente in grado di indurre un aumento dei livelli di colesterolo ma anche della glicemia. In questo senso, lavori scientifici anche piuttosto datati ma assai qualificati hanno dimostrato che l’assunzione quotidiana di 50 grammi di carne rossa convertita in insaccati aumenta di oltre il 50% il rischio di diabete di tipo 2. Dal punto di vista nutrizionale questi prodotti sono fonte potente di proteine e contengono un’elevata quantità di grassi, in prevalenza saturi. A tal proposito è stata dimostrata una correlazione tra cambiamenti nel microbiota intestinale e una dieta ad alto tenore di grassi che porterebbe ad un aumento di famiglie batteriche associate all’insorgenza di stati patologici cronici.

Noto è pure il collegamento tra consumo di carni rosse e cancerogenesi, collegamento nel quale certamente interviene anche il microbiota con la sua capacità di mediare la trasformazione del gruppo “eme” in induttore e facilitatore di eventi tumorali. L'eme, noto fattore che conferisce il colore rosso alla carne, è parte dell'emoglobina. Di norma è scarsamente assorbito dall’intestino tenue ma, a seguito di un eccessivo consumo di carne, dall’eme può formarsi un fattore tossico che, danneggiando le cellule intestinali, potrebbe favorire l’insorgenza del cancro del colon-retto. 

Consegue a tutto questo che, per aderire ad un regime alimentare che sia davvero sano, è fondamentale la moderazione, semmai associata a buone abitudini come quella di seguire una dieta mediterranea abbinata ad una corretta attività fisica. Pertanto, senza escludere l’assunzione di carni lavorate e salumi, provvediamo ad alternarla con altre fonti proteiche come quelle che derivano dal pesce, dai legumi o dalle uova. Come dire che la merenda con panino e prosciutto, così come quella con merendine, non sono in assoluto da condannare quando la loro assunzione è opportunamente modulata e, dunque, non continuativa. Alternative più salutari per la merenda, tuttavia, potranno sempre essere la frutta fresca o secca, oppure un uno yogurt o dei crackers integrali».

 

5. Eliminare il lattosio a prescindere, è sempre un vantaggio?

«In presenza di specifica intolleranza o in soggetti che abbiano accumulato nel proprio intestino una grande abbondanza di batteri fermentativi, l’elevato apporto di lattosio può favorire la comparsa di gonfiore e dolenzia dell’addome insieme a turbe del transito intestinale con possibili scariche di diarrea. In entrambi i casi è necessario eliminare il lattosio dalla dieta.  

Tante, tuttavia, sono le persone che decidono di escludere questo zucchero dai propri schemi alimentari, comportandosi da intolleranti pur senza esserlo o, magari, senza averlo opportunamente documentato. Tale scelta, che talvolta discende da una valutazione genetica del tutto inutile ed impropria per il lattosio, potrebbe indurre paradossalmente la comparsa di un’intolleranza secondaria, conseguente ad un’astinenza inutilmente prolungata dal latte e dai suoi derivati. E questo perché l’enzima lattasi, fisiologicamente presente nella mucosa intestinale e deputato alla digestione del lattosio, se non utilizzato per molto tempo potrebbe inattivarsi. 

A questo si aggiunge che, se è presente una condizione di disbiosi fermentativa, non basterà eliminare il lattosio dalla dieta per risolvere i problemi intestinali, ma saranno molti altri gli zuccheri da limitare o da escludere.

Il messaggio finale è che non può esserci una gestione corretta di fenomeni così tanto complessi perché multifattoriali, affidandosi all’improvvisazione, all’incompetenza e, magari, al “fai da te”. L’unico modo per non cadere nei falsi miti o nelle suggestioni, è affidare le storie individuali ad un corretto inquadramento che solo un team di professionisti competenti può fare. Fuori da questi percorsi è solo dispendiosa perdita di tempo».

 

 

 

Potrebbeinteressarti