Cultura 

L'altra faccetta della medaglia

Alcuni genitori hanno mal digerito la presenza di Faccetta nera, marcetta coloniale del Ventennio, inserita nel saggio di fine anno organizzato dalle Marcelline di Lecce. Nella storia italiana cantata...

Alcuni genitori hanno mal digerito la presenza di Faccetta nera, marcetta coloniale del Ventennio, inserita nel saggio di fine anno organizzato dalle Marcelline di Lecce. Nella storia italiana cantata, questa querelle ruba così la scena ai bambini. Mentre la società si interroga sulla vicenda, Gianni Donno, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università del Salento, interviene duramente (“Basta con le censure storiche”) e l’ex difensore civico della Provincia, Giacinto Urso, incoraggia la preside dell’istituto a proseguire con la sua attività didattica restando lontana dalle polemiche    Potrebbe sembrare il remake di tante altre storie italiane. Di tante altre “faccette”, per intenderci. Eppure, quello che è successo all’istituto Marcelline di Lecce, nel bene o nel male, porta tutti alla riflessione. Proporre nel saggio di fine anno (che in omaggio al 150enario ripercorre la storia del nostro Paese) Faccetta nera, la marcetta composta nel 1935 durante il regime fascista per celebrare la conquista dell’Etiopia, e sollevare un polverone grande quanto una casa. Certo non se l’aspettava suor Augusta Keller, preside dell’istituto, che insieme a Faccetta nera aveva inserito altri brani caratterizzanti le varie fasi storiche della nazione, come nel caso di Bella ciao, con cui i bambini racconteranno la Resistenza. Nessuna apologia del ventennio fascista, naturalmente. Soltanto la rievocazione dei periodi storici, da rivivere, volta per volta, attraverso le musiche e le canzoni di un tempo.  A non pensarla proprio così, però, è stato il genitore di una bimba di colore che, sentendo la sua piccola intonare la canzone e ritenendola offensiva, insieme a poche altre famiglie si è rivolto alla direzione per chiedere spiegazioni. Non è stato sufficiente, da parte dell’istituto privato, evidenziare che dietro la canzone non vi erano intenti politici. Secondo quanto richiesto dal Provveditorato agli Studi, attraverso un progetto ad hoc, i bambini delle scuole elementari che frequentano l’istituto religioso dovranno recitare la storia dell’Italia dal 1861 in poi. Nessun problema, dunque. Eccetto che per il Ventennio, il cui motivo musicale scelto a rappresentarlo -Faccetta nera, appunto ha minato la sensibilità di alcuni genitori e destato qualche preoccupazione.  Semplicemente raccontare la storia attraverso le canzoni, dal Risorgimento alla Resistenza, e così via: era questo l’intento delle docenti e della preside Keller, spirito che è stato anche condiviso con i genitori, in una convocazione ufficiale. Dopo mesi e mesi di prove (il prossimo 6 giugno ci sarà la rappresentazione) i piccoli potranno subire una bella beffa: avere un pubblico più interessato alla Faccetta mussoliniana, che ai loro visini fieri. A questa piccola grande delusione, però, non ha pensato nessuno.       “Basta con le censure storiche”   Gianni Donno, professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università del Salento, critica chi ha polemizzato contro il brano d’epoca fascista e si chiede: “Come si dovrebbe allora rappresentare il Ventennio nella rievocazione storica?”   "In un’illustrazione storica delle fasi italiane -quelle più o meno luminose- con che cosa dovrebbe essere rappresentato il Fascismo?". La domanda sorge spontanea al professor Gianni Donno, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università del Salento ed editorialista del “Corriere del Mezzogiorno”. La vicenda di Faccetta nera, secondo il docente, sarebbe finita alla ribalta delle cronache locali soltanto per puro “chiacchiericcio giornalistico”, e non certo per una ragione fondata. Conoscenza e accettazione del nostro passato, in ogni sua fase: questo dovrebbe essere, secondo il professore Donno, il corretto atteggiamento nei confronti della storia, e quindi anche del Ventennio fascista.  Professore Donno, come definisce la situazione che si è venuta a creare nei confronti di questa marcia d’epoca fascista? Esistono i cosiddetti “censori della storia” e sono quelli che con la matita rossa e blu hanno esaminato il percorso della storia alla luce di categorie che non sono scientifiche. Segnare con la matita rossa e blu quanto c’è di antifascismo o di anti-antifascismo nella storia è un’operazione giornalistica ma culturalmente scorretta, che proviene da parte di coloro i quali, appartenendo alla tradizione marxista e comunista, di censura della storia se ne intendono molto bene. Tutti i manuali di storia hanno delle omissioni inverosimili e i signori che li hanno scritti hanno fatto della censura il loro criterio di fondo.  Può fare qualche esempio pratico? Per molti anni, ad esempio, molti manuali di storia non hanno mai citato il patto di Ribbentrop-Motolov, risalente al 1939, con cui nazisti e comunisti si spartirono la Polonia e che fu la premessa della Seconda Guerra Mondiale. Non è mai stato citato il patto, come mai furono citati gli echi che questo ebbe nel Comunismo, nella sinistra mondiale e nel Nazismo. Mai è stata citata la responsabilità di Togliatti nella controfirma all’ordine di “assassinare” i 15mila ufficiali a Katyn. Ci sono i documenti a conferma, ma non si dice nulla. C’è un silenzio assordante su tante vicende della storia italiana e, quindi, i censori sono i meno titolati a impugnare la matita dell’ “antifascisticamente” corretto.  Quanto accaduto all’istituto Marcelline, dunque, le sembra esagerato? Certo. Come dovrebbe essere rappresentato il fascismo in un percorso della storia italiana? O lo si dovrebbe cassare? Questa è la mia domanda. La conoscenza del Ventennio deve essere sempre fatta in termini di deplorazione? Oppure siamo ormai così sufficientemente maturi, legati in modo consolidato ai valori della democrazia, che ci possiamo permettere di guardare al Fascismo senza i paraocchi ideologici?  La preside dell’istituto, suor Augusta Keller, ha più volte ribadito a genitori e giornalisti lo spirito dell’iniziativa, lontano da prese di posizione politiche.  Non mi scandalizzo per il fatto che un istituto, che ha la sua autonomia didattica ed è soggetto ai controlli della direzione, possa decidere di rappresentare il Fascismo con un motivo musicale all’epoca cantato, in una rievocazione generale della storia italiana. Questo non vuol dire di certo aderire a quelle ideologie. Il Fascismo può anche essere insegnato con Faccetta nera, spiegando ai ragazzi la sua componente di colonialismo. È tutta una grande chiacchiera messa in moto o per carenza di argomenti o per quell’antifascismo di rituale che, una componente superstite e non titolata, riproduce ogni volta che si tocca questo tasto storico.  L’istituto, a suo parere, non ha nulla da rimproverarsi?   Assolutamente no. Le Marcelline (che dal 1880 sono a Lecce) si sono sempre distinte per un’altissima formazione e un’importante partecipazione democratica.  Cosa suggerisce ai genitori che si sono lamentati della Faccetta?  I pochi genitori che ritengono questa scelta deplorevole tolgano i propri figli dalle Marcelline e li iscrivano in altre scuole. Tra l’altro, credo che ad aver polemizzato siano state due o al massimo tre famiglie.  Se invece l’istituto dovesse decidere di ritirare il brano?   Non so dare una risposta su quanto non è ancora avvenuto, o mai avverrà. Certo è che quanto più crescerà la polemica in nome dell’antifascismo, tanto più ci sarà la reazione, e quindi la voglia di andare dritti per la propria strada.    Barbara Politi 

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