Cultura Arte e archeologia Dopo tre anni di restauro riapre l’antica cripta della Cattedrale di Otranto Riconsegnato al culto e agli amanti dell’arte uno dei tesori preziosi dei monumenti cittadini: grazie ai fondi dell’8 per mille, il recupero integrale e complessivo della struttura di stil... 20/07/2014 a cura della redazione circa 2 minuti Riconsegnato al culto e agli amanti dell’arte uno dei tesori preziosi dei monumenti cittadini: grazie ai fondi dell’8 per mille, il recupero integrale e complessivo della struttura di stile meschita. Negli interventi, particolare attenzione allo stato delle colonne. Un tesoro prezioso riconsegnato al culto e agli amanti dell’arte: da ieri sera, la cripta della Cattedrale di Otranto, una delle perle architettoniche della città dei Martiri, è riaperta, dopo tre anni di lavori che ne hanno permesso il recupero integrale. Il progetto di restauro conservativo, coordinato dall’architetto Fernando Russo ed eseguito dall'impresa Nicolì s.r.l. di Lequile, grazie ai fondi dell’8 per mille, ha riportato riportare in vita una realtà, che rappresenta idealmente la coabitazione di riti liturgici e segni architettonici sul territorio pugliese dell’anno Mille e che, allo stesso tempo, testimonia il connubio e il dialogo tra i popoli del Mediterraneo approdati nel punto più ad Est d’Italia. Di stile meschita (riproduce la Cisterna-Basilica di Costantinopoli), la cripta riassume i caratteri della sintesi architettonica di Oriente-Occidente ed è costruita su 42 colonne monolitiche e di riporto (diverse per qualità dei materiali, per stile e tempo di produzione) e 23 semicolonne, che formano 45 campatelle quadrate, più tre dell'abside centrale suddivise in 5 filari per 9. Le colonne sono di stile ionico, corinzio, asiatico, egiziano, islamico, libanese, bizantino, persiano. Nell’abside centrale, poi, gli affreschi della Madonna Odigitria (XII secolo) e del Cristo Maestro (scuola italo-greca). Gli interventi hanno riguardato colonne, capitelli, la pavimentazione in pietra di Trani, gli infissi esistenti, i portoni d'ingresso e il sistema di illuminazione. Con le specifiche indagini geofisiche, il geologo Giovanni Quarta e l’archeologa Maria Teresa Giannotta hanno rilevato lo stato di degenerazione delle colonne, per via della forte umidità e di fenomeni di fessurazione e fratturazione lungo i fusti. Il loro recupero è stato eseguito da Lorenzoni Restauri di Polignano a Mare, che ha anche creato una barriera all’umidità con un vespaio aerato che impedisce la penetrazione nel manufatto. Nei lavori sono emerse le basi di appoggio dei fusti delle colonne, costituite da fregi scolpiti con decorazioni fitoformi: queste scoperte sono state portate a vista (grazie a un telaio in acciaio corten e vetri stratificati temperati), mentre il formato della pavimentazione riprende quello del 1835 (pervenuto tramite una stampa dell'epoca). L’illuminazione artistica (realizzata dall’impresa DZ engeneering s.r.l. di Forlì) cerca di rispettare la luce naturale del luogo. Introdotte, infine, anche le rampe per i disabili.
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